
Pet Therapy e salute mentale: quando gli animali diventano cura
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Il 10 ottobre si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale, un'occasione per riflettere su quanto il benessere psicologico sia parte integrante della nostra vita. E in questo contesto, sempre più spesso emerge una figura particolare: quella degli animali come alleati terapeutici. Non parliamo solo di compagnia affettuosa, ma di veri e propri percorsi strutturati che affiancano le terapie tradizionali con risultati scientificamente documentati.
Il termine "pet therapy" è stato coniato negli anni Sessanta dallo psichiatra Boris Levinson, che per primo notò gli effetti straordinari del suo cane durante le sedute con un bambino autistico. Il piccolo paziente, normalmente chiuso e poco comunicativo, si apriva e interagiva con l'animale in modi che sembravano impossibili con gli esseri umani.
Oggi il Ministero della Salute definisce la pet therapy come "una variegata gamma di interazioni con gli animali, più o meno complesse, finalizzate alla cura, alla riabilitazione, all'educazione e alla promozione del benessere e della qualità della vita delle persone".
È importante distinguere tra le diverse tipologie di intervento: le Attività Assistite con Animali (AAA), più ludiche e ricreative, e le Terapie Assistite con Animali (AAT), veri e propri percorsi terapeutici strutturati con obiettivi clinici specifici.
Non si tratta di sensazioni vaghe o percezioni soggettive: la pet therapy ha solide basi scientifiche. Numerosi studi hanno dimostrato che durante le sedute si verificano cambiamenti fisiologici concreti e misurabili.
Il contatto fisico con un animale riduce i livelli di cortisolo, l'ormone dello stress, nel sangue. Contemporaneamente aumentano le quantità di ormoni e neurotrasmettitori legati al benessere: serotonina, dopamina ed endorfine. Bastano anche solo 10 minuti di interazione con un cane o un gatto per abbassare la pressione sanguigna, rallentare il battito cardiaco e ridurre lo stato d'ansia.
Ma c'è di più: lo stesso ormone che regola il legame tra madre e figlio, l'ossitocina, viene prodotto quando interagiamo con i nostri animali. È un legame ancestrale, chimico, che spiega perché il rapporto con gli animali può essere così profondo e terapeuticamente efficace.
Uno studio condotto negli Stati Uniti il Baltimore Longitudinal Study of Aging afferma anche di come il rapporto con cani e gatti sia un "elisir di giovinezza" per il cervello rallentando il declino cognitivo fisiologico. Scopri nell'articolo dedicato.
La pet therapy si è dimostrata particolarmente efficace in ambiti molto diversi tra loro, proprio perché agisce su più livelli: emotivo, cognitivo, sociale e fisico.
La presenza di un animale offre supporto emotivo incondizionato, combatte la solitudine e fornisce routine che danno struttura alla giornata. Gli animali non giudicano, non chiedono spiegazioni, accettano senza condizioni. Per chi soffre di ansia o depressione, questo tipo di relazione può essere un punto di partenza fondamentale per ricostruire la fiducia in se stessi e negli altri.
I bambini nello spettro autistico spesso trovano negli animali, in particolare nei cani, mediatori comunicativi più accessibili rispetto agli esseri umani. Il cane non usa un linguaggio complesso, non ha aspettative sociali rigide, ma offre una relazione chiara e prevedibile.
Diversi studi hanno dimostrato aumenti significativi nei comportamenti pro-sociali e nella comunicazione dei bambini autistici che partecipano a programmi di pet therapy.
Per chi vive in case di riposo o soffre di Alzheimer, la pet therapy può ridurre l'irrequietezza, migliorare il sonno e diminuire le cadute. Il contatto con gli animali risveglia ricordi, stimola la comunicazione e rompe l'isolamento che spesso accompagna l'anzianità. Tra gli anziani che vivono con un animale, il 63% valuta il proprio benessere psicologico in modo più positivo rispetto a chi non ne possiede uno.
Durante le lunghe degenze ospedaliere, la presenza di un animale può diventare una leva motivazionale importante per affrontare le terapie. Riduce lo stress legato ai trattamenti, migliora l'umore e offre momenti di normalità in un contesto altrimenti medicalizzato.
Cani e cavalli possono diventare potenti motivatori per il recupero psicofisico. L'obiettivo di lanciare una palla a un cane o di cavalcare può spingere un paziente a impegnarsi in esercizi che altrimenti vivrebbe solo come fatica.
Quando si parla di pet therapy, il pensiero corre subito ai cani, ma in realtà diversi animali possono essere coinvolti, ognuno con caratteristiche specifiche che lo rendono adatto a contesti particolari.
I Labrador sono tra le razze canine più utilizzate per la loro naturale predisposizione alla collaborazione e alla dolcezza. I cani di piccola taglia, invece, sono perfetti in contesti ospedalieri: possono stare sulle gambe di un paziente durante una visita o salire sul letto di chi non può alzarsi.
I gatti offrono una compagnia più indipendente ma ugualmente efficace nel ridurre stress e ansia.
I cavalli vengono impiegati nell'ippoterapia, particolarmente utile per la riabilitazione motoria e per lavorare su autostima e senso di controllo.
Persino animali da fattoria come capre, pecore e conigli trovano spazio in progetti di Green Care, dove l'ambiente agricolo e rurale diventa parte integrante del percorso terapeutico.
La pet therapy non è improvvisata: richiede un'equipe multidisciplinare che include veterinari, psicologi, educatori, medici specialisti e conduttori di animali appositamente formati. Ogni animale coinvolto deve essere addestrato, valutato per temperamento e sottoposto a controlli sanitari regolari.
Una seduta tipica con un cane inizia con una fase di conoscenza e saluto, dove la persona si fa annusare e inizia a prendere confidenza. Poi si passa ad attività più strutturate: giochi, passeggiate, esercizi specifici o semplicemente la presenza tranquilla dell'animale mentre il paziente svolge altre attività terapeutiche. L'obiettivo non è sostituire le terapie tradizionali, ma integrarle e potenziarle.
La pet therapy facilita l'approccio delle altre figure mediche e riabilitative, soprattutto quando il paziente mostra scarsa collaborazione spontanea. L'animale diventa un ponte, un canale di comunicazione alternativo che può sbloccare situazioni altrimenti difficili da gestire.
Come ogni intervento terapeutico, anche la pet therapy ha limiti e richiede precauzioni. Non è una soluzione miracolosa né adatta a tutti. Alcune persone hanno paure o allergie che rendono impossibile questo tipo di approccio. Inoltre, gli animali stessi possono essere soggetti a stress e affaticamento, e il loro benessere deve essere sempre monitorato.
In Italia, nonostante la crescente diffusione, la pet therapy non è ancora uniformemente regolamentata su tutto il territorio nazionale. Nella maggior parte dei casi non gode di finanziamenti degli enti sanitari pubblici, limitando l'accesso soprattutto per chi non può permettersi interventi privati.
Secondo recenti ricerche, l'88% degli italiani ritiene che prendersi cura di un animale migliori la salute mentale e fisica, specialmente delle persone più fragili. Non è solo percezione: è una realtà documentata da decenni di studi scientifici.
La pet therapy ci ricorda qualcosa di fondamentale: la cura passa anche attraverso relazioni autentiche, non giudicanti, capaci di accoglierci esattamente per quello che siamo. Gli animali offrono questo tipo di presenza con una naturalezza che noi esseri umani spesso fatichiamo a raggiungere.